Caso Mps–Mediobanca: intercettazioni telefoniche, Milleri nel mirino per ostacolo alla vigilanza e manipolazione. Cattive acque anche per il Governo?

UCapital Media
Share:
Riflettori puntati sulle telefonate avvenute tra l’amministratore delegato di Montepaschi, Luigi Lovaglio, e il costruttore Francesco Gaetano Caltagirone. L’inchiesta sulla scalata di Montepaschi a Mediobanca ha visto la Procura di Milano focalizzare l’attenzione sull’imprenditore, banchiere e capo di Delfin Francesco Milleri: ostacolo all’esercizio delle funzioni dell’autorità di vigilanza e manipolazione di mercato sono le accuse.
18 aprile - assemblea Montepaschi su aumento capitale per Ops su Piazzetta Cuccia
Luigi Lovaglio e Francesco Gaetano Caltagirone, durante la suddetta operazione che ha mosso ben 13,5 miliardi di euro, esultano per il risultato della riunione facendo trapelare un piano d’azione comune risalente a prima dell’operazione: «Ma lei è il grande comandante? Come sta?», dice Caltagirone a Lovaglio, «Molto bene! Abbiamo fatto una bella operazione», ribatte lui. «Mi pare fantastico, le faccio i complimenti perché è stato molto…», aggiunge il costruttore. «No, no, lì il vero ingegnere è stato lei, io ho eseguito solo l’incarico… Comunque godiamoci questa cosa, ha ingegnato una cosa perfetta, quindi complimenti a lei per l’idea», ribatte ancora il numero uno di Rocca Salimbeni. «Perfetto, grazie. È andata come doveva», tira le somme Caltagirone. Cioè «come meritavamo», conclude il CEO di Montepaschi.
Tutto questo, però, entra in contrasto con quanto l’amministratore delegato di Mps ha sempre sostenuto, anche davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche, riguardo alla nascita della scalata di Rocca Salimbeni alla merchant bank. Il banchiere lucano ha sempre affermato che l’operazione fosse una sua idea maturata a fine 2022 e comunicata nello stesso periodo al Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, allora principale azionista della banca senese. In un’altra intercettazione, questa volta con un manager dell’istituto, Lovaglio – dieci giorni prima del lancio dell’offerta su Mediobanca – appare certo di poter contare sul 35% necessario per controllare Piazzetta Cuccia, grazie alle quote di Delfin e Caltagirone, azionisti forti con il 30%.
Prima dell’Ops - Lovaglio dichiara già il controllo
«Infatti facciamo così perché abbiamo il 35% in mano, abbiamo già il controllo, l’avete capito o no? Cioè, arriveremo al 60%, però abbiamo il controllo, regolatevi, se volete ancora continuare a farci problemi, a speculare, a inventare storie, a fare i bastardi della finanza, regolatevi: noi abbiamo il 35%, e questo è un messaggio vero», sottolinea al telefono.
I PM hanno ricostruito il «costante investimento a scacchiera in Mediobanca e Generali» da parte del gruppo Caltagirone e di Delfin, comportamento che ha fatto scattare le ipotesi di reato di «aggiotaggio» e «ostacolo alle Autorità di vigilanza». Secondo gli inquirenti, il progetto concertato di «acquisire il controllo di Mediobanca per ottenere quello di Generali», in corso dal 2019, non sarebbe stato dichiarato al mercato e sarebbe stato nascosto a Consob, Bce e Ivass, per evitare l’obbligo di una costosa Opa sull’intero capitale di Mediobanca in caso di superamento del 25%.
13 novembre 2024 - Procedura accelerata di vendita di Mps per mano di Banca Akros
I magistrati stanno ora indagando sulla procedura accelerata con cui, il 13 novembre 2024, il Tesoro affidò a Banca Akros - merchant di Banco Bpm - la vendita del 15% di Mps. Secondo gli inquirenti, l’operazione non può essere considerata una vera «gara pubblica» come previsto dal decreto ministeriale 2020: le anomalie riscontrate potrebbero configurare perfino turbativa d’asta.
La vendita, pur presentata come trasparente e competitiva, fosse in realtà organizzata per favorire soggetti già allineati al progetto di controllo di Mediobanca, approvato da Palazzo Chigi, come Caltagirone e Delfin. Entrambi acquistarono velocemente lo stesso numero di azioni al medesimo prezzo, senza confronti reali sul mercato.
Oltre ai possibili reati, la Procura punta il dito sul conflitto di interessi del governo, che da azionista di Montepaschi e titolare del cosiddetto Golden Power avrebbe avuto il potere di bloccare o condizionare l’operazione. Uno strumento usato in passato, come nel caso della scalata di Unicredit su Banco Bpm, che allora portò Unicredit a rinunciare all’acquisto.
Andrea Pelucchi
